La necropoli dei Monterozzi
La lunga collina dei Monterozzi, sede della principale necropoli della Tarquinia etrusca, costituisce uno dei complessi archeologici più straordinari dell’intera area mediterranea per la presenza di centinaia di tombe dipinte; per questo è stata inserita nel 2004 nella lista dei monumenti dichiarati dall’Unesco “Patrimonio dell’Umanità”.
Nota fin dall’Ottocento per la presenza di un importante gruppo di tombe dipinte, negli anni ’60 del novecento fu interessata dalle prospezioni geofisiche della Fondazione Lerici del Politecnico di Milano che individuarono nel sottosuolo più di un migliaio di tombe a camera, una cinquantina delle quali con tracce di decorazione dipinta.
Vi si conoscono oggi oltre seimila tombe, la maggior parte conformate a camera scavata nella roccia e sormontate in superficie da tumuli di terra: sono proprio questi ultimi, ormai quasi del tutto spianati dai lavori agricoli, che hanno dato al colle il suo nome popolare ed espressivo.
L’uso di decorare con pitture le camere sepolcrali è attestato in numerosi centri etruschi, ma è solo a Tarquinia che il fenomeno assume dimensioni così ampie e continuate nel tempo, dal VII a tutto il III secolo a.C., praticamente per tutta la durata della vita della città.
Le tombe dipinte costituiscono tuttavia una minima parte dei sepolcri conosciuti - circa il 3% delle più di 6000 tombe ad oggi individuate -: esse, come i grandi tumuli principeschi, sono infatti espressione della classe aristocratica che sola poteva permettersi il lusso di far decorare i propri sepolcri. Si tratta di camere ipogee (ovvero sotterranee) scavate nel banco di roccia ed accessibili tramite corridoi in discesa (detti dromoi); la dimensione e la planimetria variano a seconda della cronologia: la maggior parte dei sepolcri di età arcaica e classica consiste in un unico ambiente quadrangolare con soffitto a doppio spiovente ed è destinato alla sepoltura della sola coppia maritale (il pater e la mater familias). A partire dalla metà del IV secolo a.C. e in epoca ellenistica la camera sepolcrale ospita invece tutto il clan gentilizio, per cui gli ambienti assumono dimensioni anche grandiose con pilastri a sostegno del soffitto piano.
La scoperta delle prime tombe dipinte risale già al Rinascimento e ad oggi si conoscono circa 200 sepolcri dipinti, ma di molti di essi si è persa l’esatta ubicazione, mentre altri furono reinterrati dopo la scoperta ritenendo così, in base alle conoscenze dell’epoca, di preservarne al meglio la decorazione dipinta.
Le pitture delle tombe sono particolarmente significative perché costituiscono lo specchio fedele della vita e della morte degli Etruschi e della loro concezione dell’aldilà. Nei sepolcri più antichi la decorazione interessa solo i frontoncini delle pareti corte; ma a partire dalla seconda metà del VI secolo a.C. le pitture coprono ormai tutte le pareti delle camere sepolcrali con grandi scene figurate che alludono alla vita dei defunti e alle cerimonie funebri: cacce, banchetti allietati da musiche e danze, celebrazioni di congedo dal morto, gare e giochi in onore del defunto, etc.
A partire dalla seconda metà del V secolo a.C. appaiono i primi segni di una nuova concezione della morte, di tipo ellenizzante e con richiami ad un aldilà popolato di demoni mostruosi e di personaggi della mitologia greca.
Il numero dei sepolcri dipinti diminuisce quando Tarquinia entra a far parte dell’orbita politica romana e alla fine del III secolo a.C. se ne contano ormai solo pochi esemplari.
La protezione e conservazione delle tombe dipinte in un sito entrato a far parte del Patrimonio dell’Umanità sono la prima responsabilità della Soprintendenza, che deve valutare e bilanciare il le necessità della pubblica fruizione. Per questo motivo molti sepolcri, nei casi più delicati e complessi, devono rimanere chiusi e vengono aperti solamente per motivi di studio e ricerca.
Ciò nonostante, la Soprintendenza sta attrezzando progressivamente le tombe per consentirne la visitabilità. In particolare, si sta provvedendo all’installazione di barriere trasparenti dotate di un meccanismo antiappannante, poste all’ingresso della camera funeraria che, isolando almeno parzialmente l'ambiente dipinto, impediscono che al suo interno si verifichino quegli sbalzi di temperatura, umidità e CO2 dovuti alla presenza dei visitatori e che sono tra i maggiori fattori di degrado della pellicola pittorica.