Gallicano nel Lazio
Gallicano nel Lazio
- Provincia
- Roma
- Località
- Barocella
- Tipologia
- Ponte di acquedotto di età romana
- Autore della scheda
- Zaccaria Mari
Descrizione
Il Ponte Barucelli o Diruto, situato presso la Via Praenestina (fig. 1), è uno dei ponti più monumentali delle undici aquae publicae dell’antica Roma, formato in realtà di due ponti affiancati (caso unico lungo il tracciato degli acquedotti romani), distanti solo 8 metri, che attraversano il fosso dell’Acqua Nera (fig. 2): quello a monte (verso Sud) appartiene all’acquedotto Anio novus, cosiddetto perché captava l’acqua del fiume Aniene e perché più recente dell’Anio vetus, quello a valle (verso Nord) appartiene invece all’Aqua Claudia, alimentata da ottime sorgenti. Insieme all’Anio vetus e all’Aqua Marcia, provenivano dalla valle dell’Aniene fra Tivoli e Subiaco e, dopo un accidentato percorso di circa 80 chilometri fra monti e valli, raggiungevano l’Urbe a Porta Maggiore nelle Mura Aureliane.
Lunghi m 80 e larghi 10, si presentano come compatte masse murarie rettilinee, con rare piccole aperture, sostenute su ambo i lati da poderosi contrafforti (fig. 3). All’epoca della costruzione, iniziata dall’imperatore Caligola nel 38 d.C. e conclusa da Claudio nel 52, erano formati da semplici archi in blocchi di tufo (opus quadratum), interamente riedificati fra il I e il IV sec. d.C. in tecniche diverse che costituiscono un vero “archivio” delle murature romane. Il canale (specus) sovrapposto agli archi, coperto a botte nell’Anio novus e a doppio spiovente nella Claudia, era dotato di pozzi per la manutenzione periodica e protetto superiormente con uno strato di cocciopesto. All’interno spessi depositi calcarei hanno ottimamente preservato l’intonaco idraulico, anch’esso in cocciopesto.
L’Anio novus fu ricostruito ex novo in età flavia (seconda metà I sec. d.C.) in opus mixtum (reticulatum di blocchetti di tufo e ricorsi di laterizi), visibile soprattutto nell’alveo del fosso; in età severiana (inizi III sec. d.C.) fu totalmente rifasciato in opus latericium e contraffortato su entrambi i lati, nel tardo Impero il numero dei contrafforti aumentò (latericium e opus mixtum di bozzette tufacee e laterizi) e il ponte fu collegato, mediante tre archi, all’Aqua Claudia. Questa fu dapprima rifatta in laterizio, quindi gli archi furono tamponati e sostenuti da contrafforti (fig. 4). Le diverse fasi edilizie, costituite di murature semplicemente accostate alle più antiche, senza ammorsature con il nucleo sottostante, hanno favorito l’incunearsi delle radici negli interstizi, causando distacchi e crolli. Il fosso dell’Acqua Nera, incanalato all’interno di un unico arco, ha profondamente escavato la fondazione dell’Anio novus (fig. 5) ed ha provocato la scomparsa del parallelo tratto dell’Aqua Claudia. Durante l’Alto Medioevo l’acqua stillante dagli spechi ormai fessurati originò le suggestive concrezioni calcaree che pendono dalle pareti. In epoca moderna pastori e contadini hanno usato il ponte come viadotto per attraversare la valle.
Il connubio tra rudere e vegetazione (si riscontrano essenze anche rare, c.d. “ruderali”) rende i due ponti estremamente pittoreschi, tuttavia le piante infestanti e le radici degli alberi ad alto fusto hanno sgretolato e disconnesso le strutture, determinando gravi problemi statici. Dopo aver risanato l’area da baracche e rifiuti (per opera nel 2011 dell’ente gestore, l’Università Agraria di Gallicano nel Lazio) e aggiornato la documentazione ferma all’epoca di Thomas Ashby, nel 2012 è stato restaurato con “Intervento di somma urgenza” uno dei contrafforti dell’Anio novus situato sulla sponda sinistra (Ovest) del fosso in procinto di crollare a causa delle lesioni che attraversavano l’intero spessore (figg. 6-7). Asportati ceppi e radici e verificata la compattezza del nucleo cementizio, si è proceduto al consolidamento statico con l’inserzione di tiranti in acciaio per ancorare i blocchi cementizi staccati e ruotati, le lesioni sono state quindi risarcite (fig. 8). Successivamente è stato pensato un programma di restauro con l’obiettivo sia di scongiurare ulteriori crolli sia di instaurare un nuovo equilibrio fra architettura e vegetazione che, secondo un affermato filone di pensiero, costituisce l’intima essenza del celebrato fascino delle rovine. Il programma è suddiviso in tre lotti relativi a: 1. tratto in piano dell’Anio novus a sinistra del fosso, 2. corrispondente tratto dell’Aqua Claudia (gli archi sul fosso sono caduti), 3. tratto, di notevole altezza, dell’Anio novus sul fosso. Nel 2014-2015 è stato realizzato parte del primo lotto (fig. 9) che ha visto il restauro di un altro contrafforte (v. fig. 8) e la reintegrazione (impiegando scaglie tufacee recuperate dai crolli) e protezione con muratura di sacrificio (“bauletto”) della sommità dell’acquedotto (fig. 10). Qui è stato anche documentato, in corrispondenza del crollo di un pozzo, il rivestimento con cocciopesto della superficie (fig. 11).
Bibliografia
Th. Ashby, The Aqueducts of Ancient Rome, Oxford 1935 (ed. ital. Gli acquedotti di Roma antica, Roma 1991), pp. 254, 350-351, M.L. Marchi, I giganti dell’acqua. Acquedotti romani del Lazio nelle fotografie di Thomas Ashby (1892-1925), a cura di S. Le Pera, R. Turchetti, Roma 2007, p. 133, S. Gizzi, Problemi di restauro e di consolidamento degli acquedotti romani, in Il trionfo dell’acqua, a cura di A.M. Liberati Silverio, G. Pisani Sartorio, Roma 1992, p. 177, Z. Mari, Guida al paesaggio antico di Gallicano nel Lazio, Pescara 2008, pp. 66-67, S. Sgalambro, Il cosiddetto Ponte Barucelli o Diruto a Gallicano nel Lazio (Roma): esperienze di restauro e proposte progettuali, in “Lazio e Sabina” 10 (Atti del Convegno Decimo Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina, Roma 2013), a cura di A. Russo Tagliente, G. Ghini, Z. Mari, Roma 2016, pp. 165-170 (consultabile anche su www.sabap-rm-met.beniculturali.it), brochure dal titolo Il Ponte Barucelli a Gallicano nel Lazio, Roma 2016 (disponibile presso la Soprintendenza)