Castel San Pietro Romano
Castel San Pietro Romano
- Provincia
- Roma
- Località
- Monte Ginestro
- Tipologia
- Cinta muraria
- Autore della scheda
- Zaccaria Mari
Descrizione
La Soprintendenza è intervenuta a maggio-giugno 2018 con lavori di somma urgenza nel ripristinare un breve tratto crollato della cinta muraria dell’acropoli dell’antica Praeneste sul monte Ginestro nel Comune di Castel San Pietro Romano (fig. 1). La cinta presenta in realtà due fasi edilizie nettamente distinte: una, antica, in blocchi montati a secco, l’altra, fondata sulla prima, in muratura di epoca medioevale dotata di torri circolari (secc. XII-XIV). Com’è noto, la cinta (lungh. km 4,5) abbracciava anche l’area urbana di Praeneste situata alle falde del monte (quota m 470 ca.), partendo dalle due porte laterali denominate di S. Martino e del Sole, e si inerpicava con due salienti sulla costa rocciosa (fig. 2) fino ad includere con un recinto separato la sommità (m 763) dominata dalla Rocca Colonna. Mentre in città venne largamente sostituita da bastioni in opera quadrata di tufo o in muratura, sul monte rimase la struttura originaria a blocchi di duro calcare estratto sul posto, più o meno regolari (opera poligonale c.d. di II e III maniera), la cui cronologia, in precedenza oscillante fra il VII e il IV sec. a.C., è stata recentemente precisata (Gatti, Demma 1991), grazie a uno scavo effettuato proprio sull’acropoli, in epoca tardo-arcaica (fine VI-inizi V sec. a.C.), cioè all’epoca dell’indipendenza della città latina (V-IV sec.), che venne definitivamente conquistata da Roma solo nel 338 a.C.
I primi resti si scorgono intersecati dalla strada che sale a Castel San Pietro, ma il tratto certamente più spettacolare è accessibile dal parcheggio esterno al paese. Da qui ha inizio un comodo percorso pedonale in discesa che consente di visitare la parte più panoramica, costituita di vari segmenti diversamente orientati (fig. 3), ove si aprono posterule (fig. 4) e si notano differenze di tecnica dovute a diverse fasi di cantiere. Il percorso quindi si snoda fino alla sommità (fig. 5-6), ove si innalza una massiccia costruzione quadrata in opera cementizia (sormontata dal campaniletto della contigua chiesa della Madonna degli Angeli; fig. 7), forse da interpretare come un rafforzamento delle mura databile in epoca tardo-repubblicana (II-I sec. a.C.). Purtroppo la bellezza paesaggistica del sito, che rende perfettamente l’idea dell’arx arroccata, fissata in alcune foto di inizi ‘900 ed eternata in una celebre sequenza del film “Pane, amore e fantasia” (1953), è stata deturpata dalla costruzione di un alto traliccio e di un edificio per la telefonia.
Il crollo ha riguardato un tratto della sopraelevazione medioevale (già parzialmente restaurata negli scorsi anni Ottanta) nel settore Ovest del recinto sommitale, che funge anche da sostruzione per la terra ammassata dietro (figg. 8-9). Le macerie avevano invaso l’antistante percorso di visita e un enorme blocco di calcare, già dissestato, rischiava di rotolare. Si è quindi ricostruita con le stesse pietre calcaree recuperate la porzione in muratura, che si fonda in parte sui blocchi poligonali e in parte sulla roccia affiorante (figg. 10-12), curando di accumulare sassi nel retro (“vespaio”), onde evitare il ristagno di acqua e, di conseguenza, la pressione sul muro. Si è anche data nuova sede a un enorme blocco estruso. Al di sopra, per contenere il terrapieno, è stata eretta una palizzata lignea, secondo il sistema già adottato in tempi recenti quando fu realizzato il percorso di visita e tutti i tratti mancanti della cinta furono integrati con pali di legno. Purtroppo la speranza di rinvenire dietro la struttura in opera poligonale materiale ceramico atto a precisarne la datazione è andata delusa, poiché sono stati rinvenuti negli strati superiori solo frammenti di vasellame in vernice nera, che attestano una frequentazione nel III-I sec. a.C., e frammenti di ceramica medioevale.
Il tempestivo intervento della Soprintendenza ha risolto unicamente una situazione di emergenza, in quanto la cinta necessita di una generale opera di consolidamento e restauro che rimedi anche ai danni arrecati da un incendio alle palizzate lignee. Sarebbe inoltre opportuno, per restituire bellezza e decoro al sito, rimuovere gli antiestetici impianti per la telefonia.
Il restauro è stato progettato da Sergio Sgalambro e diretto da Zaccaria Mari e Maurizio Occhetti (Soprintendenza).
Bibliografia
R.V.D. Magoffin, A study of the topography and municipal history of Praeneste, Baltimore 1908, F. Fasolo, G. Gullini, Il santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina, Roma 1953, pp. 201, 321, G. Lugli, La tecnica edilizia romana con particolare riguardo a Roma e Lazio, Roma 1957, pp. 119-120, L. Quilici, L’impianto urbanistico della città bassa di Palestrina, “Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung” 87, 1980, pp. 171-214, A. Rebecchini, in Dall’abbandono al riuso. Attività della Provincia di Roma per il recupero dei Beni Architettonici (Catalogo della Mostra), Milano 1981, pp. 224-226, 236-239, F. Coarelli, Lazio, Bari 1982, pp. 128, 154, 391, M. Sperandio, Castel S. Pietro Romano, panorama, chiesa della Madonna degli Angeli, Rocca Colonna, in Thomas Ashby. Un archeologo fotografa la Campagna Romana tra ‘800 e ‘900, Roma 1986, pp. 114-116, n. 87, S. Gatti, Le mura poligonali di Praeneste, “Atlante tematico di topografia antica” 21, 2011, a cura di L. Quilici, S. Quilici Gigli, pp. 139-159, F. Demma, Praeneste: dati nuovi sulle mura, ibidem pp. 161-181