San Gregorio da Sassola
San Gregorio da Sassola
- Provincia
- Roma
- Località
- Valle del fosso dell’Acqua Raminga
- Tipologia
- Antico acquedotto Anio novus
- Autore della scheda
- Zaccaria Mari
Descrizione
Lo scorso 5 agosto si è concluso l’intervento di somma urgenza, iniziato il 12 giugno, per la messa in sicurezza del “Ponte S. Antonio”, con cui l’acquedotto Anio novus supera il fosso dell’Acqua Raminga. I lavori, decisi in tempi brevi dalla Soprintendenza a causa del rischio di crollo apparso evidente durante il cantiere appaltato dal Comune di San Gregorio da Sassola, hanno riguardato il consolidamento del pilone dell’altissima arcata centrale fondato sulla sponda destra del fosso (figg. 1-2). Il pilone si presenta completamente rifasciato in opus latericium databile verso la metà del III secolo, ma conserva all’interno l’originaria muratura in opus quadratum a blocchi di tufo e calcare travertinoso. Il ponte, infatti, fu costruito in opera quadrata (38-53 d.C.), ma subì nel corso dei secoli vari restauri, il più imponente dei quali fu il completo rifoderamento dei pilastri e la costruzione di sottarchi in laterizio.
Abbandonata l’iniziale ipotesi di sostenere la grande arcata con una struttura metallica, si è optato per un intervento localizzato nel punto più critico. Dallo spiccato fino all’imposta dell’arcata, quindi, il pilone è stato cerchiato con fasce a cricchetto da 78 millimetri in poliestere (fig. 3). In tal modo i lavori di messa in sicurezza, assolutamente poco invasivi, hanno rispettato l’immagine del ponte (figg. 4-6), in attesa che venga finanziato dal Ministero, come richiesto dalla Soprintendenza, l’intervento di restauro, l’unico in grado di risolvere definitivamente non solo i problemi statici, ma anche la progressiva perdita, a causa di crolli parziali più o meno estesi, delle superfici murarie, a tratti notevolmente deteriorate dalla vegetazione e dagli agenti atmosferici (figg. 7-8).
Durante i lavori si è constatato purtroppo che le condizioni statiche del pilone sono molto più gravi di quanto era possibile rilevare da una visione dal basso. Ad essersi distaccata, generando una lunga frattura serpeggiante larga anche 50 centimetri, non è solo la fodera in laterizio (figg. 9-10), bensì una grossa porzione della stessa struttura in opus quadratum. Sotto l’imposta addirittura i blocchi appaiono ormai precariamente poggiati l’uno sull’altro, senza alcun collegamento con la parte che ancora svolge la funzione portante. Da qui l’urgenza di procedere prima possibile all’intervento risolutivo.